Arti marziali

|

Fitness

Difesa personale scheda 001 - le arti marziali 1 2 3 4  
5 6 7 8

Cerchiamo qui di descrivere le varie discipline di arti marziali.
Vediamo come sono regolamentate, in cosa differiscono e, per quanto possibile, una breve storia della loro diffusione.

PAGINA IN ALLESTIMENTO -

Pugilato
 
E' la disciplina più nota.
Più che una vera e propria arte marziale è oggi una disciplina sportiva seguita da un pubblico vastissimo, con campionati nazionali i mondiali divisi per categorie in base al peso. E' da sempre disciplina olimpica.
Come tecnica di autodifesa incontra i suoi limiti proprio nella struttura della disciplina sportiva.
Infatti sono moltissime le limitazioni imposte (non colpire sotto la cintura, nessuna presa, colpire solo con i pugni e quindi niente calci o gomiti) che ne fanno appunto la "nobile arte", ma lo rendono poco pratico in caso di aggressione.
Gli incontri di box sono divisi in round (da 4 a 12 della durata di 3 minuti ciascuno), intervallati da pause di un minuto. Nelle competizioni olimpiche i round sono 3 o 4 della durata di 2 minuti. Alla fine di ogni round vengono assegnati dei punti ai pugili in virtù dei pugni andati a segno, della tecnica, e della disciplina dimostrata.
E' il punteggio a determinare la vittoria di un incontro, salvo che l'avversario non venga mandato al tappeto prima della conclusione.
Non sono permessi pugni al di sotto della cintura,  dietro la schiena, nella nuca o nella parte posteriore della testa.
 
Karate
Il Karate, che in questi ultimi anni ha raggiunto vertici di gran diffusione, è una disciplina sportiva che viene dal Giappone.
Tuttavia, le sue origini non sono radicate nella storia antica del vecchio regno di Yamato, come si potrebbe supporre, ma nel substrato culturale dell'Asia, dove da sempre è esistito l'uso di combattere corpo a corpo. E' stato accertato dagli studiosi di arti marziali che il Karate trova le sue origini nel Vàjramushiti, un metodo di lotta sviluppato nella casta militare degli Kshatrya dell'antica India.
 
In molti testi esistono descrizioni di confronti di danza guerriera a mano disarmata paragonabile al Karate.
In India nella casta degli aristocratici nasce l'uomo al quale la leggenda attribuisce lo sviluppo dell'antico Karate: Bodhidharma, noto ai giapponesi col nome di Daruma Tashisi vissuto tra il V e il XVI secolo dopo Cristo.    Kenkichi Sakakibara (1830-1849) e Jigoro Kano, l'uno per l'arte della spada e il secondo per il Judo, furono le personalità che per prime in Giappone si fecero promotrici di questo definitivo sviluppo delle arti marziali. Ebbero l'appoggio del governo che introdusse nelle scuole questi nuovi sport.
A Okinawa, divenuta ormai in tutto giapponese, l'Okinawa-te era senz'altro più popolare e seguita del Kendo e del Judo. I più forti combattenti e i migliori maestri erano di queste isole. Tra di questi, tre caposcuola assunsero il compito di divulgare il Karate-Do in Giappone: Kenwa Mabuni per lo Shito-Ryu, Choiun Miyagi per il Goju-Ryu e Gichin Funakoshi per lo Shotokan. Tra il 1900 e il 1920 furono i viaggi di questi e altri maestri in Giappone, per facilitare l'entrata ufficiale del Karate in Giappone riconosciuta nel 1923, anno in cui Funakoshi decise di restare sul suolo nipponico per diffondere il Karate.
La storia e l'evoluzione del karate sono molto complesse. L'analisi della storia dell'isola di Okinawa permette di comprendere come l'influenza cinese abbia formato quest'arte e come poi si sia sviluppata sotto la denominazione giapponese.

L'arte marziale di Okinawa si è sviluppata come un'arte tenuta segreta, che per lungo tempo è stata il privilegio dei nobili prima di diffondersi ad altri strati della società, pur restando appannaggio di un numero ristretto di persone.

Nel secolo XV il re di Ryu-kyu, dopo aver elevato al rango di nobili gli antichi capi locali, proibisce di portare armi.
Dopo aver invaso il paese, nel secolo XVII, i signori giapponesi di Satsuma mantennero l'interdizione delle armi istituita dal re di Ryu-kyu un secolo e mezzo prima e giunsero a stabilire saldamente il loro dominio sull'isola. Integrato nel regime feudale giapponese, il sistema gerarchico di Ryu-kyu diventò più rigido. Venne stabilita una gerarchia interna che si diversificherà ancora in seguito: nobiltà in tre gradi, vassalli in due gradi, contadini in due gradi. L'arte del combattimento a mano nuda praticata dalla nobiltà sembra aver avuto più che altro il senso di una manifestazione simbolica del suo rango. Tuttavia, nel corso dei secoli XVII e XVIII, i vassalli si impoverirono e una parte di questi si orientò poco a poco verso l'artigianato o il commercio, e infine verso l'agricoltura, per sopravvivere. Si manifestò una mobilità sociale tra la classe dei vassalli e quella dei contadini, malgrado la gerarchia complessa e rigida esistente a Ryu-kyu. Possiamo pensare che, con questa mobilità sociale, l'arte dei nobili a poco a poco abbia penetrato gli altri strati sociali; lo testimonierebbe la comparsa di termini come "mano (te) dei vassalli", "mano degli artigiani", "mano dei contadini", avendo il termine "mano" (te) il significato di arte o di tecnica.
In giapponese il termine bushi designava colui che apparteneva all'ordine dei guerrieri (samurai). A Okinawa, dove la struttura sociale era diversa questo termine assunse il significato di adepto di te, qualunque fosse la propria appartenenza di classe; di qui un certo numero di significati erronei nell'interpretazione dello status sociale degli adepti. Il termine shizoku designa in giapponese l'ordine dei guerrieri. Quando però si dice che maestri di karate come G. Funakoshi, A. Itosu, S.B. Matsumura ecc... appartenevano allo shizoku, il senso e differente. In effetti a Okinawa, dove non esisteva un equivalente dell'ordine dei guerrieri giapponese, la cultura dell'ordine più alto, la nobiltà, era diversa; e il termine shizoku, introdotto dopo il secolo XVII, designava l'ordine dei vassalli intermedi tra i nobili e i contadini. Poco per volta si formarono nei vari strati sociali delle reti di trasmissione esoterica dell'arte marziale. Questo dipendeva da una parte dal fatto che, da lunga data, quest'arte marziale veniva praticata segretamente nella cerchia ristretta dei nobili, dove era concepita come il segno di un privilegio, e dall'altra dal fatto che la dominazione di Satsuma controllava l'armamento della popolazione.

L'arte cinese del combattimento ha avuto un ruolo d'importanza primaria nella formazione del karate. Di fatto, il karate non avrebbe preso questa forma senza il contatto con l'arte cinese del combattimento, anche se fossero esistite già da prima a Okinawa - cosa non certa - tecniche di combattimento sufficientemente elaborate per servire da base alla creazione di un'arte del combattimento. Dai documenti storici disponibili si deduce che l'arte cinese del combattimento è stata introdotta a Okinawa attraverso tre canali complementari:

http://www.karate.it

Judo
I judoka gareggiano divisi per categorie di peso. Le combinazioni invece sono estratte a sorte. Tranne nella semifinale, in tutte le altre fasi il judoka che perde viene eliminato. I lottatori possono combattere anche 5 o 6 volte nello stesso giorno. Prima dell'inizio dell'incontro, i judoka sul tatami si salutano con un inchino, ripetono il saluto anche prima dell'incontro vero e proprio e subito dopo, in segno di rispetto e disciplina. Il combattimento si conclude al realizzarsi di un ippon da parte di uno dei due judoka, o allo scadere del tempo (5 minuti per gli uomini, 4 per le donne). In questo secondo caso valgono i punti realizzati
Questo sport è disputato su un tappeto quadrato, con un abbigliamento tipico del Giappone denominato Judogi che comprende una casacca e un pantalone di tela con una cintura colorata legata in vita. Il colore della cintura definisce l’abilità dei concorrenti. La caratteristica è che il combattimento avviene a piedi nudi, e si aggiudica un punto colui che riesce ad immobilizzare sul dorso l’avversario. Le varie categorie di combattimento sono definite in base al peso.

Le categorie delle donne partono da fino a 48 Kg ed arrivano a oltre 72 Kg.

  • Fino a 60 Kg
  • Fino a 65 Kg
  • Fino a 71 Kg
  • Fino a 78 Kg
  • Fino a 86 Kg
  • Fino a 95 Kg
  • Categoria Open
www.nonsolofitness.it
 
Lotta libera
  Gli incontri si disputano in più periodi da 2-3 minuti ciascuno, intervallati da pause di 30 secondi. Scopo della competizione è "schienare" l'avversario. Ovvero fagli toccare il suolo con la schiena ed immobilizzarlo per alcuni secondi. La schienata determina la vittoria della gara. Prima dell'incontro l'arbitro ispeziona i concorrenti che non devono essere cosparsi di sostanze scivolose o collanti, e devono avere con se un fazzoletto. La lotta greco-romana differisce dalla lotta libera perchè è fatto divieto di usare attivamente le gambe nelle azioni, e consente solo prese sopra i fianchi.
La lotta è uno sport dei più antichi, praticato addirittura nelle gare della Grecia antica. Molti lo definiscono uno sport aggressivo, ma nonostante ciò è molto frequentato e suscita sempre molto scalpore. La gara di lotta libera consente ogni tipo di presa servendosi anche degli arti inferiori. Le gare sono molto veloci e vince chi riesce a trattenere il proprio avversario al suolo per almeno due secondi.

Le categorie della lotta libera sono:

  • Pesi Minimosca
  • Pesi Mosca
  • Pesi Gallo
  • Pesi Piuma
  • Pesi Leggeri
  • Pesi Welter
  • Pesi Medi
  • Pesi Medio – Massimi
  • Pesi Massimi
  • Pesi supermassimi

 

Kung Fu
  Intorno al 500 dopo Cristo in Cina furono costruiti numerosi templi buddisti: uno di questi era lo Shaolin Szu (tempio della giovane foresta) che fu costruito sulle pendici del monte Sung.
In questo periodo arrivò al tempio il famoso monaco Ta Mo (Bodhidarma, ventottesimo patriarca del buddismo), proveniente dall'India nonché fondatore della scuola Ch'an (dal sanscrito meditazione). Il monaco ebbe una grande influenza sulle Arti Marziali: secondo lui la meditazione era la via per l'illuminazione (Zen in giapponese), da trasformare in un mezzo di perfezionamento spirituale.
Bodhidarma creò degli esercizi provenienti da tecniche yoga e furono descritti in due trattati:
-I Chin Ching (trattato sul movimento dei tendini)
-Hsi Sui Ching(trattato sul lavaggio del midollo osseo)
Creò inoltre anche un'altra serie di esercizi: "Le 18 mani di Buddha".

Questi esercizi erano vere e proprie tecniche a mani nude e rappresentano il nucleo delle tecniche dello stile Shaolin.
Da allora i monaci di questo tempio iniziarono a praticare le Arti Marziali, cosa che giovò ai monaci che vivevano in posti isolati pieni di briganti.
Anni di duri allenamenti e privi di ogni tentazione trasformarono i monaci in formidabili combattenti, sia nel fisico che nello spirito.
Gli ultimi tre secoli del primo millennio sono considerati l'era d'oro della cavalleria: le Arti Marziali divennero popolari e raggiunsero un livello tecnico elevato.
Nella dinastia T'ang furono inventate le forme morbide (Mien Ch'uan "pugno di cotone") che diedero origine agli stili interni.
La dinastia Sung passò alla storia come un periodo florido ma segnato da una grande crisi politica e militare.
L'opera dei grandi maestri perfezionarono sempre più le tecniche e resero famoso il nome Shaolin.
Persino l'imperatore Chao K'uang Yin (soprannominato T'ai Tzu) creò lo stile T'ai Tzu Ch'ang Ch'uan, ancora oggi sinonimo di Shaolin.
In questo periodo visse Yueh Fei un altro grande maestro abile nel uso della lancia, famoso per aver creato Pa Tuan Chin otto esercizi di ginnastica praticati ancora oggi dai praticanti di kung fu.
Creò inoltre lo stile Yueh Chia Ch'uan, caratterizzato da tecniche veloci e potenti, praticato nel Nord. Nel Sud lo stesso stile venne modificato e prese il nome di Yueh Chia In Ch'ao (artigli dell'aquila di Yueh).
Durante questa dinastia si sviluppò anche il Mi Tsung-i Ch'uan (pugilato dell'arte di far perdere le tracce), caratterizzato da tecniche circolari, rapide e con cambi di direzione imprevedibili.
Alla fine del 1200 la Cina fu invasa dai Mongoli e al trono fu messa la dinastia Yuan, sotto la quale Marco Polo fece il suo famosissimo viaggio.
In questo periodo visse Chang San Feng, famoso monaco creatore del T'ai Chi Ch'uan (pugilato del polo supremo).
Questo è il più famoso stile interno, caratterizzato da tecniche morbide, movimenti fluidi e circolari, usato per far apprendere il fluire delle energie interiori.
Durante la dinastia Ming fu creato il Pa Chi Ch'uan (pugilato delle otto direzioni) caratterizzato da attacchi e spostamenti rettilinei, mentre il maestro Pai Chin Tou creava lo stile Mei Hua Ch'uan (pugilato del fiore di prugna, che è il simbolo della Cina e dello Shaolin).
Intorno al 1500 il maestro Chueh Yuan convinto che fosse necessario rinnovare il sistema riordinò lo Shaolin in 72 tecniche fondamentali, ma non convinto di quello che aveva fatto si mise in viaggio per la Cina alla ricerca di maestri.
Secondo una leggenda incontrò Li Sou che a sua volta gli presentò PaiYu Feng. Il monaco li convinse a seguirlo al monastero ed insieme misero a punto il nuovo sistema diviso in 170 tecniche e 5 forme basate sugli atteggiamenti di 5 animali: tigre, drago, gru, serpente e leopardo.
Nello stesso periodo lo Shaolin fu esportato nell'isola di Okinawa dando origine al Karatè.

Nel 1640 scoppiò una rivolta che fece cadere l'ultimo imperatore Ming: le tribù mancesi ne approfittarono subito, dando origine all'ultima dinastia, i Ch'ing.
Il tempio era un centro di resistenza: i monaci non perdevano occasione per battersi contro i nemici, mentre un maestro si recò in Giappone per chiedere aiuto.
I giapponesi non si imbarcarono, anzi convinsero il maestro a restare ed insegnare loro le sue tecniche, contribuendo alla creazione del Ju Jitsu.
Questa decisione costò cara al tempio perché nel frattempo in Cina l'esercito marciò verso il tempio e dopo una sanguinosa battaglia riuscì a conquistarlo e a distruggerlo.
 
I maestri che riuscirono a fuggire si sparsero per tutta la Cina, dando origine a numerose scuole i cui allenamenti  venivano fatti in segreto e molte volte di notte e gli allievi dovevano essere fidati e potevano essere ammessi solo quelli che avevano superato prove difficilissime: Shaolin era diventato sinonimo di nemico dell'impero.
Nel 1900 ci fu la rivolta dei boxer contro gli occidentali, chiamati così perché i capi praticavano lo shaolin ed facevano parte della setta segreta dei Pugni Armoniosi che finì nel 1911 con la caduta l'ultima dinastia.
Tra il '20 e il '30 promossero le Arti Marziali fra la popolazione e il famoso maestro Yang Ch'eng Fu propagandò il T'ai Chi Ch'uan in tutta la Cina.
La storia del Kung Fu è vecchia di molti secoli ed ebbe inizio circa nel 2500 a.C. quando in Cina regnava la dinastia Xia e vi era l'imperatore giallo Huang Ti. Con lui si sviluppa l'agricoltura, la medicina e si ha la prima esperienza di lotta organizzata.
L'imperatore aveva un medico personale chiamato
Chi Po (oppure Quiba), che ha scritto il primo trattato di medicina dove si parla già di ginnastica interna e agopuntura.
Il primo metodo di combattimento è stato il
Go Ti, dove si affrontavano due uomini, uno armato con una maschera di demone con corna (usate come armi) e l'altro rimaneva a mani nude.
Il fondatore del Go Ti è stato un generale dell'esercito
Chin Yu Shu che ancora oggi è ricordato.
Si arriva così alla dinastia
Han che regnò dal 206 al 220 d.C. e proprio in questo periodo ci sarà un forte sviluppo delle arti marziali. Nasce il Chan Chan Shou ("mano lunga") inventato da Kwook Tee, di conseguenza si abbandona il corpo a corpo per studiare la scherma.
Sono da ricordare i maestri
Hua To e Yun Chun.
Hua To inventa lo stile degli animali e l'anestesia nell'agopuntura,fu un personaggio particolare in quanto faceva operazioni chirurgiche che a quel tempo erano vietate in quanto il corpo era ritenuto inviolabile. Hua To morì nel 30 a.c.
Yun Chun inventa gli esercizi interni del
Tao Yn, che erano lo: stirarsi dell'orso e il volo dell'uccello.
Nel 520 d.C. troviamo
Ta Mo (Bodhidarma o Daruma) ritenuto il padre del Kung Fu. Egli era figlio del principe indiano Suganda che fece istruire Ta Mo con la filosofia, la religione e le arti da combattimento dal maestro Praynatra. In questo periodo il Buddismo si divide in due rami: Mahayana e Inayana. In Cina il Buddismo Inayana è quello che si sviluppò più facilmente, mentre quello Mahayana viene portato da Ta Mo e si trasformerà in Dyana (Buddismo del Diamante). Nel suo viaggio Ta Mo arriva al monastero di Shaolin dove trova dei monaci indeboliti dal troppo pregare, così inizia ad insegnargli la ginnastica basata sugli animali che comprendeva circa 18/24 esercizi chiamati Ching Ching Ta Mo. Con la pratica e la costanza i monaci si trasformeranno in monaci-guerrieri che diventano una leggenda e perfino l'imperatore li chiamava per risolvere casi di estrema gravità.
 A Shaolin ogni monaco studiava un animale diverso, ma nel 1500 si unificarono i vari stili Shaolin grazie a
Chuea Yuan aiutato dal monaco taoista Li Chen e dal maestro di Kung Fu Pa Yu Feng, quest'ultimi estranei al monastero. Vennero unificati così i cinque stili fondamentali: tigre, serpente, leopardo, gru e drago. Dall'840 all'846, durante la dinastia Ming c'è la persecuzione del Buddismo e furono distrutti 4500 monasteri. Dal 1550 inizia l'invasione dal Nord con i Manchu (Mongoli), così per ragioni difensive l'accesso al monastero, prima infatti era difficilissimo entrarvi e se si fosse riusciti in tale intento, potevano passare anni prima che all'allievo fosse insegnato il Kung Fu, ed ancor più difficile era uscire dal monastero in quanto bisognava superare prove difficilissime; fino ad arrivare a quella che avrebbe lasciato al monaco il segno indelebile di Shaolin sugli avambracci; questa prova consisteva nel trasportare un braciere di 100 Kg. per molti metri cosicché sarebbero rimasti impressi la tigre e il drago sugli avambracci.
A causa della flessibilità maggiore entrò una spia che portò alla distruzione del monastero nel 1642/44 perché riuscì ad aprire, in una notte, il monastero da dentro.
Solamente sette monaci riuscirono a scappare continuando il loro lavoro di studio. I cinesi volevano riportare al potere la dinastia Ming e per questo motivo formarono delle sette segrete come la tigre nera, il loto bianco, la triade,... dove erano presenti i più grandi maestri di Kung Fu.
Dal 1800 le scuole di Kung Fu furono vietate e solo dopo la seconda guerra mondiale le riaprirono.
Full Contact
o
Kick Boxing
La Storia
La Kick Boxing fa parte della schiera delle discipline sportive tecnicamente ispirate alle arti marziali orientali adeguandone lo stile per fini agonistici. Tra le tante, è senza dubbio, la più popolare. Ne esistono due tipi: il primo nasce in Giappone negli anni Sessanta e si diffonde negli U.S.A. come " Jappanase Kick Boxing"; il secondo, di cui il Full Contact (nato il 14 settembre del 1974 negli U.S.A.) è il progenitore, racchiude tre discipline: il Semi contact, il Light Contact ed il Full Contact (queste tre discipline si differenziano per la durata degli incontri e l'intensità dei colpi). L'arrivo dell'autentica Kick boxing in Italia è relativamente recente, ma promette di ricalcare il grande successo che attualmente riscuote negli U.S.A. dove viene praticata anche da moltissime donne: ne sono affascinanti "testimonials" le attrici Michelle Pfeiffer e Jody Foster.
La Tecnica
Le tecniche fondamentali della Kick boxing si basano su calci, pugni e spazzate. Sono sistemi di combattimento totali anche se non hanno le prese corpo a corpo. In generale risultano essere efficaci sistemi per la difesa personale, soprattutto per chi non ha tempo e pazienza di imparare un'arte marziale con tutti i suoi contenuti storici, filosofici e culturali.

Bambini, uomini e donne indistintamente, perchè gli allenamenti si basano innanzitutto su un'attenta preparazione fisica, con particolare riguardo al riscaldamento ed alla tecnica libera per un maggiore sviluppo dell'equilibrio dell'agilità e velocità di esecuzione dei colpi. Lo sbocco naturale è l'agonismo, ma può essere praticato anche semplicemente come sistema di difesa personale.

Il termine "KICKBOXING" (letteralmente "Tirare di calcio e di pugno") nasce negli USA ufficialmente nel 1974 con il nome di "FULL CONTACT KARATE". Per l’esattezza, era il 14 settembre 1974 quando nella Los Angeles Cow Sports Arena venne presentato il primo Campionato del Mondo Professionistico che si disputò tra un pugno di americani e pochi europei. Nel 1976, le stesse persone che a Los Angeles avevano promosso il primo Mondiale Pro, fondarono la WORLD ASSOCIATION OF ALL STYLE KARATE ORGANIZATIONS (Wako). Nel 1978 si tennero a Berlino i primi veri e propri Campionati del Mondo, seguiti da quelli di Tampa (Florida) nel 1979 e da quella data ininterrottamente ogni due anni. Nel 1980, a causa del successo che il Full Contact Karate incontrò in Europa, nacquero dei contrasti con le federazioni di Karate esistenti e per evitare problemi politico-sportivi, la WAKO decise di lasciar cadere l’uso della parola Karate associata a Full Contact e nacque così il termine di Kickboxing che immediatamente dava l’idea di cosa i praticanti stessero facendo: tirare di calcio e di pugno. Pertanto la sigla internazionale WAKO rimase ma con la dicitura di WORLD ASSOCIATION OF KICKBOXING ORGANIZATIONS. 

Siamo orgogliosi comunque di sottolineare subito che l’attuale presidente della federazione italiana Ennio Falsoni non solo è il presidente della Wako dal 1984, ma egli è il naturale successore degli ideatori, degli inventori di questa disciplina che ormai è dilagata nel mondo ed è praticata da milioni di persone. La Wako consta oggi ben 76 paesi Affiliati.
Per tornare alla nostra storia sintetica, un altro motivo per cui si lasciò cadere l’uso della parola karate allora, era che nel frattempo accanto al full contact, la kickboxing aveva adottato delle altre formule sportive che si chiamano Semi Contact e Light Contact. Quindi la parola Kickboxing assume un termine generico, come una corolla dalla quale si diramano tutte le varie specialità: Semi Contact, Light Contact, Full Contact, Low Kick, Forme Musicali, Thai Kickboxing e Aerobic Kickboxing sono le specialità praticate oggigiorno.
I bambini apprendono le nozioni fondamentali della disciplina divertendosi nello stesso tempo. La lezione è un'occasione di sfogo per loro; riescono a scaricare gli eventuali piccoli stress della vita di ogni giorno e a vincere la paura e la timidezza, che li caratterizza. Riguardo le donne che dire ... hanno riscoperto la capacità di ribellarsi e di evadere dalle fatiche quotidiane. Loro dicono: "Ci sentiamo più sicure ... abbiamo più fiducia in noi stesse! " Che dire ?!! Vita dura per i maschetti !!!
Savate
L'origine della Savate viene fatta risalire al parigino Michel Casseux (detto "Pisseau"): nato nel 1794, studiò le discipline di combattimento allora praticate in Francia, semplificandone alcune parti per agevolarne l'apprendimento. Nonostante il successo ottenuto, morì in miseria e la sua opera continuò attraverso un suo allievo, Charles Lecour.
Lecour perse un confronto contro un campione di pugilato inglese e questo gli fece capire qual era il punto debole della savate: la tecnica delle mani era rimasta fino ad allora poco sviluppata, per cui decise di recarsi recarsi in Inghilterra con lo scopo di studiare il pugilato inglese (che, come nella versione moderna, comprendeva solo colpi di pugno); studiò con il maestro Swift e in seguito, ritornato in Francia, potè integrare i due metodi appresi in un insieme armonico.


Ancora oggi, nella tecnica pugilistica della savate, risulta netta l'influenza del pugilato inglese.

Charles Lecour e suo fratello Hubert si impegnarono nell'opera di diffusione della disciplina, tenendo numerose dimostrazioni e ottenendo un buon successo; la savate divenne molto popolare al punto che anche alcuni famosi letterati francesi, come Jules Valles, Alexandre Dumas (padre) e Theophile Gautier diedero spazio alla boxe francese nei loro scritti e alcuni di loro si vantarono anche di essere buoni conoscitori della tecnica,

Contemporaneamente ai fratelli Lecour vissero altri importanti personaggi, come Charles Ducros e Louis Lebucher. Più tardi si inserì la figura di Luis Vigneron, nato a Parigi nel 1827, un gigante di 198 cm per 100 kg di peso. Egli imparò la boxe francese a partire dal 1848 prendendo lezioni nel retrobottega di un mercante di vini, di nome Guerineau. Divenne presto famoso per la sua forza e la sua violenza, imbattibile nei combattimenti sportivi e nelle risse da strada: numerosi i suoi successi contro e pugili d'oltremanica. Tra i suoi successi, i più importanti furono quelli contro Michel Arpin (detto "il terribile savoiardo") e contro il pugile inglese Dickson, nel 1854. Per la sua mole, Vigneron divenne un fenomeno da baraccone (un parallelo che mi ricorda il pugile friulano Carnera) e perse la vita nel 1871 proprio nel corso di una delle sue esibizioni, schiacciato da un cannone di 305 kg che aveva tentato di sollevare.

Nel 1839 nacque a Parigi Joseph Pierre Charlemont; allievo di Vigneron, iniziò la pratica sin dalla più giovane età tanto che a 22 anni era già maestro d'armi; oltre che al combattimento a mani nude, eccelleva nell'uso della spada, della canne e del baton. Costretto a rifugiarsi in Belgio, continuò la pratica e diffuse con buon successo la boxe francese anche in questa regione. Durante questo periodo, pubblicò il primo scritto tecnico relativo alla Boxe Francese, creando il "Metodo Charlemont". Ritornato in Francia nel 1879, fondò la sua accademia che per numerosi anni fu considerata il tempio della Boxe Francese. Dalla sua scuola uscirono diversi elementi di spicco tra i quali il figlio Charles, che nel 1883 subentrò al padre nella conduzione della palestra. La sua fama superò presto quella del padre, tanto da essere più volte invitato anche all'estero per stages e dimostrazioni. Sostenne e vinse molti incontri contri i rivali di sempre, i pugili inglesi, vincendo a Londra nel 1887 i giochi della Regina Vittoria.
In seguito fu sfidato dal campione di pugilato Jerry Driscoll, inglese, che voleva dimostrare come il pugilato inglese fosse lo sport da combattimento più efficace. Il confronto ebbe luogo a Parigi e terminò all'ottavo round, ancora con la vittoria del francese.
Vinse anche contro Michel Ginoux, nel 1896, considerato come l'ultimo grande esponente dello chausson francese.

Nonostante i successi ottenuti da questi grandi atleti, la savate entrò in una fase di declino proprio nel momento in cui aveva ottenuto una notevole popolarità: infatti anche la nobiltà cominciò a praticarla ma modificandone la natura e trasformanda in una sorta di danza (certo una disciplina così dura con colpi a contatto pieno non era alla portata di tutti e probabilmente ancora di meno a nobili dalla "pelle fina", i quali non avevano certo bisogno di far risse per guadagnarsi da vivere).
Per fermare questo processo di declino, nel 1903 la "Federazione Francese delle Società di Boxe Inglese" (Federation Francaise des societes de Boxe) tentò di unire sotto un'unica bandiera le due boxe contendenti, savate e boxe inglese (che nel frattempo si era diffusa largamente, anche grazie al giro di scommesse), ma Charles Charlemont rifiutò tale proposta.

Una nuova spinta venne dalla presentazione come sport dimostrativo alle Olimpiadi di Parigi nel 1924, e dall'organizzazione, nel 1937, del primo campionato di Francia. Questi eventi però non riuscirono a rilanciare la disciplina e l'avvento della seconda guerra mondiale fermò forzatamente l'opera di diffusione.
Alla fine della guerra, il conte Pierre Barozzi (detto Baruzy), di origini veneziane, allievo di Charles Charlemont, contribuì al rilancio della disciplina diventando presidente della commissione di Boxe Francese. Grazie a personaggi come Bernard Plaisait e Marc Kunstlè e all'opera di appassionati e praticanti, oggi la boxe francese savate è largamente conosciuta e praticata, sia a livello dilettantistico che professionistico, anche al di fuori della Francia.

Appunti tecnici

La tecnica pugilistica si rifà, come già detto, a quella del pugilato inglese: diretti, ganci, montanti e swing sono i colpi principali. I contendenti indossano dei guantoni simili a quelli utilizzati nella boxe, ma con un'imbottitura che garantisce maggior protezione.
La savate si distingue dagli altri sport da combattimento similari (kickboxing, thai boxing) anche per il fatto che i pugili indossano, oltre ad una divisa caratteristica (l'accademia), un paio di scarpette, che devono essere liscie e non presentare asperità che possano ferire l'avversario; la scarpetta è inoltre l'unica parte valida utilizzabile nelle tecniche di calcio (mentre nella kickboxing e thai boxing è possibile anche colpire con la tibia o con il ginocchio) e questi accorgimenti ne differenziano la tecnica. Tra le tecniche di calcio più utilizzate ci sono il colpo di piede basso (chiamato anche "Charlemont"), il fouetté (calcio circolare), il chassé frontale (calcio frontale "a spinta"), il chassé laterale (calcio laterale), il revers e il revers de face. Alcuni calci si possono eseguire in rotazione (tournant) e in salto, ma data la difficoltà d'esecuzione il loro uso non è molto frequente.
E' permesso colpire su tutta l'altezza dell'avversario, alle gambe, al corpo e al viso.

Tae Kwon Do
  Il combattimento (kyoruky) si disputa fra atleti di uguale categoria di peso, con lo scopo di realizzare il maggior numero di punti colpendo l'avversario in specifiche zone del corpo, durante i 3 tempi dell'incontro. Gli accoppiamenti degli atleti vengono determinati dal sorteggio. Colpi non consentiti possono portare ad una detrazione di punti. In caso di parità, la vittoria è stabilita dall'arbitro in virtù delle qualità tecniche dimostrate.
Le origini del Taekwondo si fanno risalire a circa 2000 anni fa, quando l' attuale Corea era divisa in tre regni.
Il più piccolo di essi, Silla, sviluppò e perfezionò un sistema di difesa e attacco che contribuì molto alle vicende storico militari del regno. Anche negli altri regni si diffusero man mano diversi sistemi di combattimento di cui restano ampie tracce in affreschi e pitture murali rinvenute nelle tombe risalenti ai primi secoli dopo Cristo. Dopo l'unificazione in un solo regno, l'arte del combattimento, che nelle diverse epoche assunse diversi nomi (SUBAK, TAEKKYON, HWARANGDO e altro ancora), si perfezionò e si diffuse tra la popolazione, diventando molto popolare tra gli usi e costumi locali e nell'addestramento militare. Sotto l'occupazione giapponese questa arte subì un momentaneo appannamento per il predominio e l'imposizione della cultura del Giappone, ma dopo la liberazione le diverse scuole di combattimento ripresero vigore e negli anni cinquanta si unificarono prendendo il nome definitivo di Taekwondo. Il taekwondo divenne Sport Nazionale (fu inserito nei Giochi Nazionali Coreani fin dall'inizio del 1960) e contemporaneamente iniziò a diffondersi nel mondo, distinguendosi dalle altre discipline per la particolare efficacia, dinamismo e spettacolarità delle sue tecniche di gamba (calci circolari ed in volo, calci multipli). Taekwondo (si pronuncia: Tecondò) - dal coreano Tae "colpire col piede, kwon "pugno" e do "arte". Metodo di combattimento di antica origine coreana. Praticato sin dal 1° sec. A.C. come arte marziale, il Taekwondo si è affermato come disciplina sportiva di combattimento nella seconda metà del sec. 20°, distinguendosi dagli altri sport marziali per la particolare efficacia, dinamismo e spettacolarità delle sue tecniche di gamba. Diffuso in tutti i continenti (160 le nazioni affiliate alla World T. Federation, 46 in Europa, 50 milioni i praticanti), il Taekwondo è stato ammesso inizialmente come sport dimostrativo ai Giochi Olimpici di Seoul 1988 e Barcellona 1992, per poi essere inserito come sport olimpico ufficiale dalle Olimpiadi di Sidney 2000. Gli atleti, divisi per sesso, età e categorie di peso (otto), indossano la tradizionale divisa bianca (dobok) con cintura, sono muniti di protezioni (casco e corpetto) e si affrontano su un quadrato di 12m x 12m. I colpi validi per il punteggio possono essere diretti solo sul tronco o al volto dell'avversario usando il piede; usando il pugno il solo bersaglio valido è il tronco. Il combattimento, della durata di tre riprese di tre minuti ciascuna con 60" di intervallo, è diretto da un arbitro centrale coadiuvato da tre giudici d'angolo. Dai punti validi si sottraggono le eventuali penalizzazioni per tecniche proibite (spingere, colpire il viso col pugno, colpire col ginocchio, atterrare l'avversario ecc.). L'incontro di Taekwondo, oltre che con la vittoria ai punti, può concludersi per abbandono, squalifica, k.o., intervento arbitrale.
Per ulteriori approfondimenti consultare il sito http://www.taekwondowtf.it.
Aikido
A Tanabe, il 14 dicembre del 1883, nacque Ueshiba Morihei. Fin dall'infanzia inizió lo studio dei classici cinesi sotto la guida di un prete della setta shingon, Fujimoto Mitsujo, mentre apprendeva direttamente dalla viva voce della madre le leggende del monte Kumano. Pur discendente da una famiglia di gente vigorosa, la sua costituzione era fragile e tale rimase nel corso di tutta la sua vita, ma una forza di volontà indomabile e un'applicazione costante gli permisero di superare ogni ostacolo.
Per contrastare la sua fragilità e le sue tendenze mistiche, il padre lo inizió all'arte del sumo e lo incoraggió a praticare altre arti marziali.
Dotato di prodigiosa memoria e di grande facilità di calcolo, studió da contabile e si trasferí a Tokyo nel 1902 dove approfondí lo studio delle arti marziali, probabilmente impressionato dall'aggressione che suo padre dovette subire ad opera di un gruppo di briganti. Praticó il jujutsu delle scuola Tenshin Shin'yo e Yagyu-ryu e probabilmente la scuola di spada Shingake-ryu. Ma una grave malattia lo obbligó a tornare a Tanabe, dove si sposó con Hatsu Itokawa. Nel 1903 era stato riformato dalla leva militare a causa della statura insufficiente, per un solo centimetro  (misurava 1,56). Deciso a non rassegnarsi, si fece sospendere a degli alberi con grossi pesi alle caviglie, in modo da allungare la colonna vertebrale. Venne accettato ad una seconda visita e partecipó alla guerra con la Russia, da cui tornó con il grado di sergente ed una fama di grande abilità nel maneggio della baionetta (jukendo). Si era guadagnato anche il nomignolo di tetsujin, uomo di ferro, e pesava oltre 80 chili; aveva seguito  mentre era distaccato a Nakay gli insegnamenti di Yagyu Ryu del maestro Masakatsu Nakai, che continuó a frequentare anche negli anni seguenti (aveva ricevuto nel 1908 il diploma di insegnante) Dopo il suo ritorno a casa il granaio della casa paterna venne trasformato in dojo, e fu lí che Ueshiba seguí gli insegnamenti del maestro di judo Kiyoichi Takagi e quelli del politico Kumakusu Minakata, del quale condivise l'opposizione al degrado ecologico e morale della regione in nome del progresso. Rendendosi conto che la situazione della regione era in ogni caso degradata,  trattandosi di una zona montagnosa materialmente povera che viveva dei soli proventi della pesca artigianale, e non autorizzava grandi prospettive, aderí all'appello del governo giapponese per colonizzare l'isola di Hokkaido. Si trasferí nel 1912 nel villaggio di Shirataki in Hokkaido profondendo tutte le sue energie fisiche e morali nello sviluppo della colonia, soprattutto dopo un incendio che nel 1916 aveva distrutto quasi completamente il villaggio; si calcola che abbia abbattuto da solo in un anno 500 enormi alberi. Organizzava tornei di sumo e jukendo per tenere alto il morale, praticava esercizi di purificazione nelle acque gelide dei torrenti, e trovava anche il tempo di lottare contro i briganti che infestavano la zona. Fu ad Hokkaido che fece conoscenza col maestro Takeda Sokaku, della scuola Daito-Ryu, anche lui stabilitosi sull'isola. Fu indubbiamente l'esperienza che lo segnó maggiormante dal punto di vista tecnico. Seguí intensamente gli insegnamenti di Takeda, lo accompagnó spesso nei suoi viaggi e lo ospitó nella sua dimora. Ma sul finire del 1919 una grave malattia del padre costrinse Ueshiba a lasciare l'Hokkaido, in cui non avrebbe piú rimesso piede. Lasciando la sua casa a Takeda Sokaku, si mise in viaggio. Si fermó per strada a Ayabe, per fare la conoscenza del mistico Onisaburo Deguchi, che destó in lui un'impressione incancellabile. Durante una sessione di preghiera, l'ombra di suo padre apparve a Ueshiba, che ne rimase scosso. Deguchi si diresse verso di lui chiedendogli cosa avesse. Ueshiba rispose che era preoccupato per suo padre, e Deguchi gli rispose semplicemente "Tuo padre sta bene. Lascialo partire.".Il padre morí prima che Ueshiba facesse ritorno a Tanabe, lasciandoli un messaggio postumo: "Sii libero, vivi come vuoi realmente". Profondamente prostrato, Ueshiba partí con la sua spada in direzione delle montagne, dove per giorni interi si aggiró come una furia, combattendo contro le ombre. Al suo ritorno decise di abbandonare la casa paterna per trasferirsi nella comunità Omoto-kyo di Ayabe, dove aprí un dojo divenendo definitivamente, all'età di 36 anni, un maestro di arti marziali. Durante il primo terribile anno Ueshiba perse per malattia i suoi due figli maschi e Deguchi venne arrestato dal governo per attività sovversiva, per essere rilasciato dopo quattro mesi. Nel 1921 la nascita di un nuovo figlio, Kisshomaru Ueshiba, diede il segnale di una svolta verso tempi migliori. Ueshiba condivise da allora per diversi anni gli ideali e le avventure di Deguchi, compreso l'idealistico quanto irrealistico tentativo di fondare in Manciuria una nuova comunità universale. Successivamente Il suo cammino marziale inizió a distaccarsi progressivamente da quello del maestro Takeda. Risale al 1925 l'episodio che gli fece prendre coscienza di questa sua intima necessità.
La sua fama aveva intanto cominciato a diffondersi; gli venne proposto di trasferirisi a Tokyo per insegnare, e vi si trasferí nel 1927. La sua nuova arte venne conosciuta col nome di Ueshiba Ryu.    A partire dagli anni 40 venne ufficialmente adottato il nome di aikido, ma gli eventi bellici ne frenarono l'espansione. Ueshiba Morihei si trasferí ad Iwama, dove si dedicó alla ricerca personale ed al lavoro nei campi, attorniato da un pugno di allievi. Dopo un difficile periodo di stasi postbellica, l'attività a Tokyo riprese e vi fece gradualmente ritorno. Il suo insegnamento cominció a diffondersi dapprima in Giappone e poi nel mondo intero, portatovi dai suoi migliori discepoli.
Ueshiba Morihei continuó incessamente fino alla piú tarda età il suo percorso personale e la sua opera di insegnamento. Si è spento a Tokyo nell'aprile del 1969 all'età di 86 anni
Tai Chi Chuan
Le origini del Tai Chi Chuan si perdono nei secoli di tradizione delle arti marziali cinesi. Infatti, sebbene la sua schematizzazione pratica è relativamente recente, i principi a cui si ispira provengono dalla preistoria cinese.
Le arti marziali da cui trasse origine sono molto probabilmente le tecniche morbide del tempio buddista di Shaolin e soprattutto quello taoista di Wudang. Perfino la figura del presunto fondatore CHANG SAN FENG (da traduzione letteraria: Chang tre Cime, nome tratto dalla catena montuosa su cui sorgeva il monastero di Wudang) potrebbe essere attribuita a vari personaggi storici tutti taoisti, che vissero tra il IX ed il XVI secolo d.C., cioè fra le dinastie SUNG e MING.
Anche sulla creazione dello stile le leggende sono molte. In una di queste, il Maestro Taoista, lo elaborò dopo avere assistito all'attacco di una Gru ad un Serpente, il quale sfuggiva utilizzando movimenti circolari, lenti e continui, e contrattaccando con rapidità fulminea. In un'altra leggenda, Chang San Feng, lo avrebbe imparato in sogno.
Esiste anche la possibilità che successivamente i praticanti di Tai Chi volessero nobilitarne l'origine attribuendola ad un leggendario Maestro Taoista. Le uniche notizie storiche documentate risalgono ai primi decenni del 1800, quando il Tai Chi era insegnato solo ai membri della Famiglia CHEN, che viveva in un villaggio chiamato CHEN JIA GOU nella Provincia di HONNAN. Capostipite di questa famiglia era CHEN WANG TING.
Se la situazione fosse rimasta in tal modo il Tai chi si sarebbe probabilmente perso, ma è grazie a YANG LU CHAN, un servitore della famiglia, che il Tai Chi Chuan si diffuse; in quanto dopo essere riuscito ad apprenderne l'arte e lo stile, si trasferì a Pechino dove fondò una propria scuola.
YANG LU CHAN divenne famoso per essere stato sfidato da moltissimi Maestri di Arti Marziali, senza mai essere sconfitto; tanto da guadagnarsi il soprannome di “Senza Rivali”.
La sua fama lo portò ad insegnare alla Corte Imperiale, accrescendone in tal modo la diffusione.
Anche i tre figli di Yang Lu Chan ( YANG BAN HOU – YANG FENG HOU – YANG JIAN HOU) contribuirono in maniera rilevante alla diffusione ed alla elaborazione dell'arte. Fu comunque il terzo figlio di Yang Jian Hou, YANG CHENG FU (1883-1936), che dopo aver insegnato a Pechino, trasferendosi in grandi centri come Nanchino , Shangai, Hangzou, e viaggiando instancabilmente, fece conoscere e diffondere il Tai Chi Chuan in tutta la Cina.
Una delle motivazioni che gli valsero la sua notorietà fu la semplificazione e la stabilizzazione dello stile di famiglia, che fu modificato per essere appreso facilmente e da persone di ogni età, e ne diffuse il suo utilizzo anche come arte terapeutica. Oltre alla scuola della famiglia YANG, e quello già citato della famiglia CHEN, si diffusero gli stili di altre famiglie, fra cui quelli più conosciuti furono gli stili SUN ( fondatore SUN LU TANG) e WU ( fondatore WU JIAN QUAN ).
Dopo l'avvento della Repubblica Popolare Cinese, il Tai Chi Chuan venne ulteriormente modificato e semplificato per facilitarne l'apprendimento alle grandi masse e per proporne l'insegnamento negli ospedali come terapia complementare alla medicina tradizionale cinese.
Solamente negli ultimi anni si è verificato una ricerca ed un recupero del Tai Chi Chuan come Arte Marziale nei suoi contenuti più tradizionali.
Queste righe e altro trovate sul sito http://www.taijiquan.it/.
Jeet Kune Do

Con la denominazione Jun Fan Jeet Kune Do ci si riferisce quindi all'arte originale di Bruce Lee.
Originale significa il lavoro proprio di una persona distinto dalle imitazioni fatte da altri. In altre parole la scienza e la filosofia, nonché le tecniche e le strategie di combattimento, sviluppate da Bruce Lee durante la sua vita.
Il Jeet Kune Do è il risultato dell'impegno e della dedizione di un uomo che ha dedicato ore ed ore dei giorni della sua vita a migliorare sé stesso e ciò che faceva.
Questo è il significato profondo del nome cinese di Bruce Lee, Jun Fan, posto vicino al nome della sua arte.
Il Jun Fan Jeet Kune Do non è un insieme di tecniche di altri stili, ha principi e tecniche proprie, quelli che Bruce Lee ha insegnato da quando ha incominciato a riferirsi alla sua arte con un nome nuovo. E se il nome ha importanza relativa, le radici dell'arte hanno fondamentale valore perchè sono le parti che ne caratterizzano l'intima natura.
I fondamenti del Jun Fan Jeet Kune

Do sono la posizione di guardia, il footwork e la capacità di sfruttare nel modo più efficiente ed economico possibile il corpo umano.
Essere semplici, apprendere come usare nel modo più efficiente le sole due braccia e due gambe di cui tutti noi esseri umani siamo forniti, non significa essere formali, ma apprezzare un modo estremamente funzionale ed intelligente di sfruttare le nostre risorse.
La libertà di espressione individuale nasce dalla padronanza di noi stessi, non dal possedere un bagaglio di centinaia di tecniche diverse.
 Perchè come diceva Bruce Lee conoscere non è sufficiente, bisogna applicare.
Il processo di miglioramento nel Jun Fan Jeet Kune Do consiste quindi nel semplificare e nell'eliminare il superfluo.
Il Jun Fan Jeet Kune Do prende in considerazione il combattimento a mani nude da un punto di vista totale, ma ciò non significa che vengano analizzate molte soluzioni per altrettante situazioni.

Piuttosto si seleziona il numero minimo di tecniche e manovre che si rivelano efficaci e sicure in ogni situazione.
 Quelle semplici, dirette e non-classiche.
L'allenamento del Jun Fan Jeet Kune Do è un costante e completo lavoro di preparazione fisica e mentale e di perfezionamento.
http://www.jkditaly.com

Lotta greco romana
Si tratta di una disciplina da combattimento olimpica. La Lotta si distingue in due stili differenti: Libera, in cui è consentito atterrare l'avversario con prese alle braccia, al corpo ed alle gambe; Greco-Romana, in cui invece non sono ammessi colpi al di sotto della cintura e le gambe dei due contendenti non possono entrare in contatto. Lo scopo finale comunque è quello di atterrare con le spalle a terra l'avversario.
La Lotta Greco-Romana, contrariamente a ciò che il suo nome potrebbe far supporre, non ha nulla da vedere con queste due civiltà del passato e tanto meno con i colpi della lotta antica (Pancrazio). I colpi nella Lotta Greco Romana sono 5 ma essi vengono portati in tutte le condizioni e posizioni possibili, creando così un immenso repertorio tecnico. I primi cenni storici della lotta si hanno già nella Bibbia, quando Mosè la definisce un ottimo "avviamento alla ginnastica bellica". Cercare le radici della Lotta sarebbe sicuramente un'impresa ardua. Il cosiddetto "fare alle braccia" era impresa agonistica istintiva e pertanto antichissima, documentata da reperti della civiltà sumerica di 5000 anni fa.
Nei Giochi Olimpici dell'antichità, la lotta fu introdotta nel 708 avanti Cristo: nella sedicesima Olimpiade venne affiancata alla corsa insieme al pentatlon. La Lotta veniva iniziata in piedi, non era necessario far toccare all'avversario il terreno con le due spalle per ottenere la vittoria ma occorreva che il rivale fosse gettato a terra tre volte perché si dichiarasse vinto. Le gare erano ad eliminazione diretta: chi vinceva tutti gli incontri era definito "anefedro" ma il titolo più ambito era quello di "aconita", attribuito a chi trionfava per rinuncia dell'avversario che riconosceva la propria inferiorità prima di combattere. Il più celebrato campione olimpico della Lotta fu sicuramente Milone di Crotone, che vinse sei volte, nel periodo che va dal 540 a.C.(aveva 15 anni secondo Strabone) al 516 a.C. Presso i Romani la Lotta era praticata come formidabile mezzo di allenamento militare mentre nel Medioevo erano permessi tutti i colpi cosiddetti "proibiti": pugni alle tempie e sui denti, ginocchiate nel ventre, strangolamenti, violente testate. La lotta moderna fu praticamente rilanciata da atleti professionisti che godevano di larga popolarità nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX. Fra questi vanno ricordati anche gli Italiani Basilio Bartoletti (a cui viene attribuita la creazione del termine "Lotta Greco-Romana"), Pietro Dalmasso e, soprattutto, i fratelli Emilio, Massimo e Giovanni Raichevich. Quest'ultimo, con innumerevoli successi conseguiti in una carriera ventennale ai massimi livelli mondiali, è diventato sinonimo di lotta, campione invincibile che si tramuta in leggenda anche per il suo patriottico irredentismo. La vita agonistica dei lottatori prevede fasi e categorie successive: esordienti dai 13 ai 15 anni; cadetti 16 e 17 anni; juniores dai 18 ai 20 anni; seniores dai 21 ai 35 anni. E' anche possibile gareggiare nella categoria Master dai 36 ai 50 anni. La Lotta viene praticata nei due stili olimpici della Greco-Romana e dello stile Libero, aperto anche alle donne. Con l'introduzione della lotta femminile nel programma olimpico, sono state variate le categorie di peso, che attualmente sono per gli uomini quelle dei 55, 60, 66, 74, 84, 96 e 120; per le donne dei 48, 55, 63 e 72 chilogrammi. Questo tipo di lotta non consente prese dalle anche in giù ed è vietato servirsi degli arti inferiori. Non sono ammessi i colpi dolorosi o che possano provocare ferite anche solo superficiali, e l’atleta deve indossare una tuta aderente. Non è ammesso neppure cospargersi di oli od altri unguenti che rendano la presa più difficile.
REGOLAMENTO DI GARA
Il controllo del peso degli Atleti, si effettua la sera antecedente alle gare. Tutti gli incontri ufficiali sono diretti da una terna arbitrale composta da 1 Presidente di tappeto, da un Arbitro e da un Giudice. Il punteggio degli atleti viene segnalato con palette numerate e riportato su segnalatori luminosi. Si può vincere un incontro portando l'avversario con le spalle a terra: "ATTERRAMENTO".
Oppure per "SUPERIORITÀ' TECNICA" (10 punti di differenza) o abbandono del combattimento da parte di uno dei due Atleti o per squalifica di uno di essi per comportamento antisportivo.
 Nei casi suddetti l'incontro termina prima del limite e l'Arbitro assegna la vittoria.
Qualora l'incontro dovesse concludersi alla scadenza del tempo regolamentare si avrà la vittoria "ai punti" e sarà dichiarato vincitore chi avrà conseguito il migliore punteggio tecnico. Relativamente ai PUNTI TECNICI, la lotta prevede tecniche e colpi eseguiti dalla posizione "in piedi" ed anche dalla posizione "a terra".
Questi ultimi derivano prevalentemente dallo sviluppo e dall'evoluzione tecnica di colpi partiti dalla prima posizione. Fanno eccezione i colpi effettuati sull'avversario posto dall'arbitro nella posizione di "greca", ginocchia e palmo delle mani a terra (carponi), decisione conseguente ad alcune situazioni negative (richiamo per passività, uscita dalla materassina in posizione di pericolo). Un lottatore è nella posizione di pericolo quando le spalle sono rivolte verso terra con un angolo inferiore ai 90 gradi. Il regolamento prevede azioni tecniche la cui esecuzione premia da 1 a 5 punti.
Le categorie vanno in base al peso e sono:
  • Pesi Minimosca
  • Pesi Mosca
  • Pesi Gallo
  • Pesi Piuma
  • Pesi Leggeri
  • Pesi Welter
  • Pesi Medi
  • Pesi Medio – Massimi
  • Pesi Massimi
  • Pesi supermassimi
Andrea Squeo Campione Italiano di lotta greco romana nella categoria 42 KG - Copyright © Foto Olimpia - Imola
Il valore dei punti è maggiore o minore a seconda dell'ampiezza della proiezione dell'avversario e dalla posizione che lo stesso subisce nel contatto con la materassina. Quindi il massimo del punteggio (5 punti), si avrà proiettando l'avversario con una forte elevazione e rotazione, ponendolo nella posizione di pericolo. L'Atleta inconcludente o che osteggia l'azione dell'avversario, viene richiamato dall'Arbitro per "PASSIVITÀ'". Il Regolamento prevede la squalifica immediata dell'Atleta che effettua intenzionalmente prese illegali o assuma comportamenti contrari all'etica sportiva. A conclusione dell'incontro è d'obbligo la stretta di mano tra i contendenti e l'arbitro.
Kendo

Anticamente il Kendo era definito Kenjutsu, e veniva praticato dai Samurai.
Gli allenamenti ed i combattimenti erano molto duri e le conseguenze spesso mortali.
In seguito, alla fine di guerre intestine (Sengoku Jidai), il Giappone ebbe un lungo periodo di pace che modificò nel profondo la società nipponica.
Venne a mancare la necessità di una classe sociale guerriera e, di conseguenza, i Samurai sparirono. Si ebbero quindi grandi mutamenti in seno al Kenjutsu, che da arte marziale si trasformò in Kendo "Via della Spada".
Apparvero due nuovi stili: Shingake Ryu (nuova scuola) e soprattutto Itto Ryu (scuola di combattimento con la spada).
I Grandi maestri inventarono o modificarono le protezioni e le spade, fino ad arrivare alle forme che conosciamo oggi.
All'inizio del XVII secolo gli allenamenti si svolgevano ancora con il Bokuto (spada di legno molto pesante), ma i colpi ferivano o addirittura uccidevano i praticanti. La creazione dello Shinai (Fukuroshinai - spada si bambù) fu una vera rivoluzione.

Gli attacchi nel kendo possono avvenire di taglio o di punta e solo in parti dell'armatura (Bogu) prestabilite.

DI TAGLIO:
- Men, testa
- Kote, polsi
- Do, torace

DI PUNTA:
- Tsuki, gola


Il Kiai
E' il grido procurato da una forte respirazione interiore, lo scopo è di impressionare l'avversario per una frazione di secondo. Il Kiai è il riflesso di colui che lo esegue e del suo stato mentale al momento del combattimento. Deve essere sempre... forte, sincronizzato, possente e preciso.

Il punto
Per fare Ippon (punto vincente), il colpo deve essere netto e preciso. L'Ippon deve essere portato con coordinazione perfetta e simultanea di tutti i suoi aspetti: Energia (KI), Spada (KEN), Corpo (TAI), Insieme (NO ICHI).

Il combattimento
Attualmente esiste una forma di combattimento arbitrato (Shiai). Ogni shiai può durare fino a cinque minuti, durante i quali i due combattenti vengono giudicati contemporaneamente da tre arbitri. Lo shiai può terminare solo quando uno dei due combattenti riesce a fare due punti, oppure quando allo scadere del tempo sia stato assegnato almeno un punto valido. In caso di pareggio lo shiai si protrae ad oltranza (Encho).

E' molto difficile poter parlare di Kendo senza considerare la storia e l'evoluzione della cultura Giapponese.Potremmo dire con sicurezza che l'evoluzione di tale disciplina ha seguito l'evolversi di momenti storici diversi. Il Giappone è l'ultimo dei paesi asiatici che si sia conformato ad uno stile di vita prettamente occidentale, per contro però è tra i paesi "occidentalizzati" uno dei più attaccati alle proprie tradizioni. Molti momenti della vita economica e sociale Giapponese tradiscono ancora questa influenza. Il Kendo, come disciplina in sè, è un esempio del peso delle tradizioni storiche, religiose e culturali delle epoche passate, nella vita del Giappone moderno.
Per poter quindi raccontarne l'evoluzione è necessario osservare con attenzione i tre periodi storici fondamentali del Giappone.Il primo periodo tra il 1100 e il 1600, il secondo tra il 1600 e il 1800, e il terzo dal 1800 ai giorni nostri. La consacrazione della spada a "simbolo superiore" ha la sua origine con l'epoca KAMAMURA (1192); nei secoli precedenti la casta dei guerrieri aveva visto lievitare enormemente il proprio peso storico e sociale, ma è solo con la presa totale del potere da parte dei guerrieri che questi maturano un senso profondo e quasi spirituale dei loro compiti.
Per sette secoli la spada divenne "l'anima del Giappone". La principale ragione per la quale fu possibile ai BUSHI (Samurai) amministrare incontrastati il paese risiede nella loro devozione alla morte. Nel loro codice d'onore, e nei fatti, la loro vita fu ampiamente sacrificata ogni volta che l'interesse della collettività, la stabilità del sistema o una violazione di regole lo richiedeva. La consapevolezza d'essere disponibili a dare la vita ogni giorno, il rigore e la spiritualità quasi religiose di questo modo di concepire il proprio ruolo nella società, sono le premesse che li portarono, cinque secoli più tardi, ad impostare il Kendo, quando l'amministrazione della vita pubblica divenne più blanda e routinaria, a causa dello sviluppo della vita urbana e della classe dei commercianti.
Vediamo di considerare i tre periodi di relazione tra la spada, la sua evoluzione, e la storia Giapponese. Il primo periodo lo poniamo tra il 1200 e il 1700. Il secondo tra il 1700 e il 1877. Il terzo tra il 1877 e oggi. Il primo periodo si può dividere in tre fasi. La prima non comporta vicende storiche estremamente cruente. Il modo d'impiego della spada non registra evoluzioni particolari.
Nella seconda Fase, tra il 1337 e il 1602, avvengono guerre continue e sanguinose su tutto il territorio. I BUSHI diventano la struttura portante di eserciti sempre più numerosi, composti da soldati senza tradizione schermistica ed estranei alla cultura bellica, i quali dovevano essere addestrati al combattimento. S'inizia quindi a sentire la necessità di scuole di scherma, che diffondano i valori della cultura guerriera. Nasce così la figura del "maestro" e si sviluppano così forti legami di Scuola, insieme al senso del DO-JO (il luogo della pratica) e alla considerazione dello ZEN (meditazione buddista). Quest'ultima componente educa al distacco dalle cose tutti quegli allievi che, non avendo alle spalle alcuna tradizione schermistica e culturale, dovranno poi affrontare la battaglia. Qualche scuola punta molto su quet'ultimo concetto, innescando così l'esperienza dell'uso della spada come formazione del carattere trascendente. E' l'alba del Kendo.
Terza fase, le guerre hanno termine nel 1603. Gli eserciti scompaiono ma la classe dei samurai resta enormemente dilatata nel numero, nei poteri, nel prestigio, nelle funzioni. Nei cento anni che seguono, il loro codice d'onore compie una grossa evoluzione qualitativa (Bushido moderno), così anche le scuole di scherma. Il paese chiude le frontiere e rinasce pacificamente ancora più tradizionale e raffinatamente autoctono. Il secondo periodo lo consideriamo decorrente dal 1700 perchè è allora che nasce il Kendo che ancora oggi si pratica, e lo chiudiamo nel 1877, anno della battaglia di Satsuma, nella quale s'infrange il sogno di potere dei samurai. In questo periodo storico nelle scuole di scherma si cominciano a fare esperimenti d'addestramento inediti 
(KIRI GAESHI e KAKARI GEIKO) e ad ideare protezioni al corpo, fino a realizzare una nuova arma incruenta: lo SHINAI. Lo SHINAI è composto da stecche di bambù assemblate da guaine di pelle e da una cordicella. Permette un combattimento così dinamico da sembrare esplosivo, non reca danni all'avversario, e consente al corpo di essere protetto solo da un'armatura leggera. Quest' armatura consente una gran libertà di movimenti a tutto il corpo, ed in particolare alle gambe e alle braccia. Per arrivare a mettere a punto il nuovo sistema di scherma ci vogliono circa cinquant'anni. Centinaia di scuole furono interessate negli esperimenti, altre rifiutarono la novità e continuarono ad usare la spada vera (KATANA) e la spada di legno (BOKUTO ) in esercizi senza contatto fisico.
Verso il 1760 comunque la pratica del kendo era abbastanza diffusa in tutto il Giappone; è in questo secolo che si pervenne anche ad una certa omologazione di sistemi ortodossi d'addestramento,con accordi selettivi tra le numerose scuole e tra centinaia di modi di combattere.Il Kendo restò largo appannaggio della casta dei samurai, essi poterono continuare ad addestrarsi al combattimento in quel lungo periodo di pace. Perciò quando la restaurazione imperiale (1868) e nuove forme di governo misero fuori gioco la casta, anche le scuole di scherma cessarono di essere frequentate. La crisi raggiunge il punto peggiore nel 1876 a causa della legge che proibiva definitivamente il porto della spada, e nel 1877 in seguito al soffocamento dell'ultima rivolta dei samurai. Inizia così il terzo periodo di relazione tra la spada e la storia del Giappone, relazione apparentemente inesistente, dato il cambiamento in atto nel paese e nel mondo.
Cessata dunque la ragione d'esistenza delle scuole, i samurai e i maestri più appassionati escogitano diversi espedienti per destare l'attenzione della gente.
Organizzano dimostrazioni, ma ottennero solo lo scopo di sollecitare la curiosità della popolazione che potè conoscere alcuni aspetti della vita della vecchia casta che prima erano segreti. Purtroppo questo non basta. I samurai che non accettano la nuova realtà si sentono emarginati in una società nella quale non si  riconoscono, e non riescono ad inserirsi.
 Altri invece cavalcando il vento del rinnovamento, si calano nella nuova realtà fino a diventare protagonisti della nuova era di rinnovamento, e addirittura, nell'arco di due o tre decenni, riescono a coprire ruoli chiave nella polizia, nel nuovo esercito, nella marina, nella scuola e sopratutto nell'industria. Furono loro, i nuovi Samurai, a sostenere l'attività dei  maestri più fedeli. Fino a quando, ai primi del secolo, il Kendo fu proposto nelle  scuole (primarie, medie e università), praticato nei distretti di polizia, nelle aziende private, negli uffici pubblici e nelle forze armate. Perchè? Sicuramente non certo per una questione sportiva. Allora il fenomeno sportivo non esisteva in Giappone. Era la volontà di coltivare i valori della tradizione e della religiosità insita nella "via della spada", l'esigenza di conservare una propria identità culturale a fronte di modelli economici d'importazione estranei ai propri valori. La necessità di formare nei Giapponesi un carattere che superasse le comuni tendenze egocentriche, e si orientasse verso una coscienza collettiva, di gruppo, d'insieme permeando il tutto con i fattori meditativi dello ZEN. Lo scopo del Kendoka è di addestrare la propria "anima" attraverso la disciplina e le regole del combattimento, non di usare le regole del combattimento e il mezzo della spada come strumento che sopprime l'avversario. Purtroppo questi princìpi sono stati travisati durante il periodo bellico-nazionalista, così come, subito dopo la guerra, si preferì dare al Kendo una coloritura agonistica per ottenere il consenso delle autorità di occupazione Americane. Paradossalmente è stata questa nuova veste che ha determinato anche l'espansione del Kendo in una ventina di nazioni al di fuori del Giappone. Resta il fatto che, il Kendo Giapponese, ancor oggi pesca nell'antica tradizione anche quanto si presenta come disciplina sportiva.

Bicipiti - Tricipiti - Deltoidi - Pettorali - Addominali - Gran dorsale - Trapezio - Dorsali bassi - Glutei - Quadricipite - Bicipite femorale - Polpaccio - Avambracci - L'apparato cardiovascolare - Riscaldamento - Difesa personale