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I giubbotti di salvataggio:
Per quanto sia ineccepibile dal punto di vista della sicurezza,
ritengo che costringere tutti i partecipanti ad una gita in barca ad
indossare sempre e comunque un giubbotto di salvataggio sia assurdo.
Sarebbe come se salendo a bordo di un aereo di linea vi
facessero indossare paracadute e maschera ad ossigeno: forse
qualche paranoico si sentirebbe a suo agio, ma la maggior parte
dei passeggeri cambierebbero compagnia |
L'eventualità di finire fuori bordo
durante una crociera tra gente "normale" è abbastanza remota da
rendere il giubbotto una precauzione superflua.
I giubbotti si indosseranno, se è il caso, quando le condizioni meteo
o il tipo di attività (mi vengono in mente un sacco di acrobazie fuori
bordo su bome o tangoni) rendono effettivamente possibile il cadere in
acqua.
Un'altra condizione di pericolo può essere individuata nella
navigazione notturna, anche con mare tranquillo, quando l'uomo in mare
(magari scivolato dallo specchio di poppa mentre faceva pipì) verrebbe
scoperto dai compagni addormentati solo dopo diverse ore di
navigazione.
Ma col sole, durante una navigazione tranquilla (e qui dipende dalle
vostre capacità quanto può essere tranquilla una navigazione con mare
più o meno agitato e vento forte), il giubbotto diventa solo
un'imposizione iniqua che vi farà presto contestare dall'equipaggio.
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Fare tutto con
calma: Lo spettacolo più frequente che si osserva da una
banchina all'arrivo di un equipaggio "formato famiglia" è il padre che
urla, si agita e salta come un grillo da un bordo all'altro e da poppa
a prua, insultando i propri cari anche peggio di come un mulattiere
(non ce ne sono quasi più, ma a me è capitato di osservarne qualcuno
in gioventù) farebbe con l'animale più testardo.
Ragazzini incerti si parano a protezione della barca puntando la gaffa
contro il molo o i fianchi delle imbarcazioni vicine... La gaffa
finisce in acqua e poi non c'è quando occorre recuperare il corpo
morto.
Il corpo morto viene finalmente recuperato dallo skipper che si è
sporto a mo' di Tarzan dal pulpito di prua e quindi lo passa alla
moglie che (rigorosamente senza guanti e già vestita per la cena al
ristorante) lo salpa da prua a poppa, riducendosi le mani e gli abiti
come quelli di un personaggio di Victor Hugo.
A seguire, subito dopo il bene o male riuscito approdo, moglie e figli
gli presenteranno il conto con una serie di musi lunghi e di
discussioni che contribuiranno ad incrinare non poco l'armonia
familiare.
In queste famiglie, di solito, raggiunta l'età della ragione i figli
vanno in campeggio! |
Qual'è la soluzione?
La barca si avvicina all'ormeggio con parabordi già fissati, in
posizione tale da proteggere i fianchi durante la manovra (li
sistemeremo in modo definitivo con calma ad ormeggio avvenuto), i
cavi d'ormeggio sono già pronti sia a prua che a poppa, le vele
ammainate e ben riposte.
Dal pozzetto lo skipper manovra con timone e
motore senza che nessuno debba rischiare la vita per "tenersi" a
qualcosa o per evitare scontri.
Chi ha in mano la gaffa la usa solo per recuperare il corpo morto e
chi ha il parabordo è già sul lato dove è prevedibile ce ne sarà
bisogno.
Ormeggiati (preferibilmente di poppa), madre e figli scendono
sorridenti per andare a far la spesa.
Durante tutta la manovra il tono di voce si è mantenuto normale (ad
eccezione che per i pochi ed essenziali ordini gridati una sola
volta) e nessuna "parola del gatto" è uscita dalla bocca di
chicchessia.
Il mio consiglio è: raggiungere una tale confidenza con le manovre
d'ormeggio da poterle condurre praticamente da soli.
La barca si deve muovere e fermare grazie al motore e nessuno deve
essere costretto a "tenere" o "spingere".
In casi particolarmente difficili si utilizzeranno cavi
supplementari, che verranno manovrati grazie ai winch.
Parabordi, cavi d'ormeggio e gaffa devono essere pronti e già
posizionati dove servono.
Eseguire ogni manovra molto lentamente.
Anche e soprattutto in presenza di vento la barca deve restare
completamente governabile e deve essere sempre possibile fermarla.
Ogni manovra che debba essere eseguita in velocità (ad esempio un
ormeggio di prua contro vento) è un errore che può costarvi caro.
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Viaggiare di notte:
Il mio ormeggio abituale è stato per anni a Sanremo, e la mia vacanza
tipo prevedeva sempre una lunga traversata iniziale, vuoi per
raggiungere la Corsica, vuoi per raggiungere le Porquerolles.
Le prime traversate, compiute quando eravamo ragazzini, cominciavano
di buon ora al mattino, si caricava la barca e si sistemava il
bagaglio e poi, mossi da una mai capita "fretta", si prendeva il mare
verso le 10/11.
Dopo un paio d'ore si perdeva di vista la costa e dopo altre tre o
quattro cominciava la persecuzione del "ma quando arriviamo?".
La notte arrivava sgradita, trovando per lo più un equipaggio
stressato che digeriva malvolentieri i turni di guardia e finalmente
si arrivava o a notte fonda o di primo mattino( e trovare posto in
porto era un'impresa).
Non appena in fase REM venivamo svegliati per un qualche motivo
(traghetto che arriva e la nostra barca da fastidio, traghetto che
parte e la nostra barca intralcia, distributore che riapre e noi
dobbiamo sloggiare...) |
Dopo decine di traversate di questo tipo ho finalmente scoperto che,
iniziando una traversata nel tardo pomeriggio...
- Si ha tutto il tempo di far le cose con calma
- Dopo un paio d'ore, quando la costa sparisce dalla vista, è
già ora di cena.
- Subito dopo è buio e un paio d'ore di guardia non stressano
nessuno, anzi, per chi ancora non si conosce bene è un modo
simpatico per rompere il ghiaccio.
- Al mattino (l'ultimo turno lo tenevo per me) ci si gode l'alba
e quindi il ritorno del tepore del sole che ci aveva abbandonato.
- Quando finalmente arriviamo a destinazione tutto l'equipaggio
è ben fresco e riposato.
- Arrivando in mattinata è più facile trovare posto in porto e
comunque anche fermarsi in rada, dove si può fare il bagno e
prendere il sole, e poi raggiungere spiaggia e/o molo col tender è
decisamente più gradevole che non alle quattro del mattino.
Inoltre, se si riesce a mantenere l'abitudine a viaggiare di
notte anche per i più brevi tratti che dovremo affrontare:
- In condizioni di bel tempo di notte incontreremo sempre un po'
di brezza che ci permetterà di andare a vela mentre di giorno ci
saremmo sorbiti una noiosa tratta a motore, magari con la barca
che sbatte mettendo a prova gli stomaci meno avvezzi.
- Tutti quelli che non sono velisti "ad oltranza" (bambini,
ragazze/i da tintarella, mogli e "terricoli" assortiti) si
godranno di più la vacanza avendo le giornate piene per godersi
ciò che più piace loro senza lo stress della navigazione (spesso,
specie col bel tempo, obiettivamente monotona).
- Di notte ci sono le stelle... e "ai naviganti si intenerisce
il core". La navigazione e i turni di guardia sono un modo per
fare amicizia e legare tra loro persone che. una volta a terra,
magari ben poco avranno a che spartire.
- L'ora migliore per arrivare resta sempre la mattinata
inoltrata, quando i più hanno salpato e rade e approdi in genere
sono meno affollati.
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Il WC di bordo: Ed ecco la vera nota dolente.
Purtroppo sappiamo tutti quanto è dura ripristinare il funzionamento
del WC dopo che qualcuno lo ha intasato.
E' però una dura realtà che dobbiamo affrontare serenamente.
In molti praticano uno spietato terrorismo psicologico, che spesso
ottiene lo scopo di allontanare in modo quasi sistematico i compagni
di crociera dall'infernale meccanismo!
Vero è che se una tale attenzione salvaguarda lo skipper dall'ingrato
compito della pulizia del WC, d'altra parte non contribuisce a rendere
piacevole l'avventura al resto dell'equipaggio.
Il mio suggerimento è di spiegare (e non stancarsi mai di farlo), in
modo assolutamente sereno, il funzionamento del WC ai compagni di
avventura.. |
Suggerisco assolutamente di non impedirne o limitarne l'uso, ma
piuttosto intervenire, in modo discreto, al termine della "seduta" dei
compagni meno abili, verificando e quindi spurgando per quanto
possibile il circuito in modo "naturale".
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Le manovre:
I "piedi teneri" cittadini procurano spesso più danni che
aiuto. Ma sono qui per vivere la crociera con noi e quindi per
partecipare anche loro alle manovre e alla navigazione.
In realtà pochi hanno veramente voglia di prendere le cose sul serio e
di impegnarsi quanto necessario.
Peraltro alcuni sono invece sinceramente animati da buona volontà e
passione e sarebbe un vero peccato stroncare sul nascere tanto ardore.
Il problema secondo me si può riassumere in questi concetti di base:
Possiamo affidare qualsiasi compito a chiunque, ma non dobbiamo
assolutamente contare sul fatto che il compito venga assolto. |
Pertanto cerchiamo di eseguire tutte le
manovre "da danno" (come gli attracchi in porto) in modo autonomo,
senza che l'aiuto dei nostri compagni debba mai essere rapido e
tempestivo.
Accostiamoci alla banchina a bassissima velocità e col pieno controllo
dell'imbarcazione, non impegniamo i nostri amici in salti acrobatici,
non facciamo salpare cavi/corpi morti mentre ancora la barca si muove,
ma facciamo tutto lasciando loro un tempo quasi infinito per potere
provare e riprovare la manovra in caso di un primo (ma anche un
secondo, terzo, quarto..) insuccesso.
Impegniamoci quindi in sole manovre che, in pratica, siamo comunque in
grado di portare a buon fine anche da soli.
Avremo tempo in seguito, quando potremo realmente fidarci del nostro
equipaggio, per esibirci in manovre come attracchi a vela o simili.
Anche questo "crescere" graduale dell'impegno darà ai nostri
compagni la sensazione di aver imparato qualcosa e contribuirà a
formare una buona squadra. |