Arrampicare in grotta
Come ho già più volte detto, in grotta non c'è molto da arrampicare, almeno non in senso classico.
La maggior parte dei percorsi prevedono discese e risalite progredendo su corda, e quando (come al Rio Martino o a Iso) è necessario salire, quasi tutte le grotte esplorate sono ormai armate con spezzoni di corda che, anche se non completamente affidabili, comunque facilitano notevolmente il primo di cordata.
A volte però capita di voler esplorare qualcosa di nuovo o anche, semplicemente, di voler salire senza corda.
E' il caso del primo tratto del P26 e del P5 di Quaratica, dove occorre arrampicarsi in libera se si è deciso di scendere il P23 e poi risalire dall'altro ramo.
La roccia sottoterra è generalmente diversa da quella che incontriamo sulle pareti alpine.
Il calcare ricopre tutte le pareti rendendole lisce e saldando tra loro le rocce.
Questo vuol dire appigli arrotondati, spesso difficili da trattenere, ma quasi sempre ottimi dal punto di vista della resistenza.
In realtà molte concrezioni di grosse dimensioni sono cave all'interno, e quindi reggono molto meno di quanto potrebbe sembrare.
Ma se ci si muove delicatamente, senza strappi o colpi, in genere non giocano brutti scherzi.
Quello che è difficile (spesso impossibile) è piantare chiodi per assicurarsi.
Le fessure che in parete si generano a causa dell'acqua che ghiacciando spacca la roccia sottoterra (dove fa sempre relativamente caldo) non si formano, e le poche fessure comunque vengono facilmente saldate dal calcare.
In compenso abbondano stalattiti e (molto più utili) stalagmiti.

Utili per arrampicare sono quindi i semplici cordini che si faranno passare attorno alle concrezioni o i nut e i cunei, se troveremo una fessura dove incastrarli.
Abbastanza pratici, ma solo per la progressione artificiale con staffe, i ganci da usare a mo di rampino mantenendoli accuratamente in trazione (da evitare assolutamente di utilizzarli come punti di sicurezza, sollecitati dinamicamente salterebbero subito).

A parte gli spit a pressione, i pochi chiodi che potrebbero tornare utili sono quelli a forma di cuneo, capaci di lavorare in fessure ampie e magari da usare come scalpelli (anche se intaccare le concrezioni per arrampicarsi è un vero delitto).
Come già accennato, possono tornare utili delle brevi staffe, visto che la roccia scivolosa non offre il miglior stimolo per dedicarsi al free climbing.
Arrampicare sottoterra, inoltre, si differisce dall'alpinismo classico per la forma stessa dello spazio che ci circonda.
Mentre l'alpinista in parete si muove in pratica su due dimensioni (la parete che ha davanti), lo speleologo impegnato a risalire un pozzo può cercare su tutti i 360 gradi.
Gli appigli non sono solo davanti a lui, ma spesso dietro, ai fianchi...
Lo stile più frequente è arrampicare in opposizione, cioè premendo i piedi contro una parete e la schiena contro un'altra, oppure arrampicando cercando gli appigli a destra e a sinistra, impegnando le gambe in vere e proprie "spaccate".