Il Bunker sotto l'Acquasola

Un'attività tutta particolare, strettamente imparentata, è vero, con la speleologia, ma ben più in sintonia con l'archeologia è l'esplorazione del sottosuolo urbano.

A Genova, come un po' in tutte le città, col passare dei secoli, si è costruito innalzando nuovi edifici su precedenti costruzioni, spesso non curandosi di interrare integralmente l'urbanistica originaria.
Un po' per passione, un po' perché è comunque indispensabile la conoscenza del sottosuolo urbano per poter pianificare efficacemente sia i piani urbanistici di costruzione sia, e quest'ultima necessità a Genova è oggi particolarmente sentita, gli interventi atti a ripristinare un corretto deflusso delle acque negli alvei dei torrenti e dei canali sotterranei, un gruppo di esperti speleologi ha intrapreso, e ormai sono molti anni, l'esplorazione sistematica del sottosuolo genovese.

Le pesanti porte blindate

Qui si collegavano i filtri per depurare l'aria Grazie a loro abbiamo potuto visitare ciò che in tempo di guerra era il cuore del comando logistico regionale.
Il bunker situato nei sotterranei del parco dell'Acquasola, sopra piazza Mazzini, era destinato alla sopravvivenza del comando militare anche in previsione di attacco con i gas.
La parte colorata in verde è accessibile al pubblico E' difatti ancora possibile ritrovare i dispositivi di filtraggio dell'aria ed i generatori (rigorosamente "cyclette" che una volta erano collegate a dinamo) per purificare l'aria e produrre autonomamente l'energia necessaria per illuminazione e servizi.

Buona parte del tunnel è di fatto in buono stato e facilmente accessibile anche al pubblico senza particolari attrezzature.

In compagnia degli speleologi del Centro Studi Sotterranei, la visita al bunker è un'esperienza piacevole e decisamente istruttiva.

I generatori a dinamo

La parte del bunker accessibile al pubblico

La vecchia zona operativa vera e propria, invece, è parzialmente allagata.
E' pertanto necessario attrezzarsi con stivali di gomma onde evitare di venire a contatto con il liquame.
Tuta, mascherina e guanti sono una precauzione forse eccessiva, ma comunque evitano il pericolo del contatto con parassiti o rifiuti infetti che potrebbero incontrarsi.
Come ben potete immaginare, l'uso delle lampade al carburo (e in generale di qualsiasi fiamma libera) è severamente vietato.
Pertanto i dispositivi di illuminazione personale devono essere rigorosamente elettrici.
Una tuta in carta del valore di 7/8.000 lire garantisce dalla fastidiosa necessità, finito il giro, di ripulirsi da ragnatele, ruggine o altro.
Utili un paio di guanti in gomma tipo quelli normalmente usati per le pulizie domestiche o, meglio, quelli ben più robusti da lavoro.
I guanti in lattice sono molto comodi se si intende, ad esempio, usare una macchina fotografica. Non garantiscono però da tagli ed abrasioni, che in un ambiente come questo sono rigorosamente da evitare.